Ogni spostamento, dalla passeggiata al viaggio,
ogni avvenimento, da una riunione conviviale allo spettacolo di strada,
è sempre e comunque un incontro
con l'immagine.
Il desiderio di fotografare
diventa la motivazione più forte.

Cercare immagini con la macchina fotografica
non è solo una questione di estetica,
ma una posizione morale
e una ricerca di un senso delle cose
a prescindere da ogni analisi razionale.

Gli elementi della realtà
vengono rivisti e rivissuti
e assumono una centralità semantica
anche e soprattutto quando
erano strati condannati alla marginalità.

Graffiti, animali di strada uccisi, spazzatura,
porte chiuse, vicoli...
il mondo parla con voce potente e silenziosa
e fotografare è ascoltare la bellezza e la contraddizione
dell'immagine.

Mi accorgo che quando mi aggiro per una città
o tra le sale di un'esposizione
o vado per sentieri tra campi e boschi
i miei occhi non vedono per me, ma per la
macchina fotografica.
Essa non mi chiede di scattare per documentare
il momento,
ma per vedere il momento con il suo occhio disanimato
e disemozionato.
Il suo occhio è gelido, reprime l'eccitazione, vuole solo rubare
il senso di una visione e scappare subito via.
Il senso della visione è misterioso.
Non dice cose sensate sul mondo e sulla vita,
ma suggerisce suggestioni
che galleggiano su acque di navigazione imprevedibile.