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Convincente davvero il libro di Aquilino... |
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I
mostri all'angolo della strada C'è un segreto, nascosto fra le righe di questo libro, che fa ridere e fa pensare: forse la letteratura per l'infanzia è nata proprio per rendere più chiara e visibile la grande differenza che separa gli adulti dai bambini. Qualcuno può pensare che sia una cosa ovvia, perché gli occhi bastano a precisarla, questa differenza: si dice, appunto, i Grandi e i Piccoli. Però si dice anche: quel bravo ometto, quella brava donnina, e si incoraggiano le bambine a giocare alle signore e i maschietti a comportarsi “da uomini". Ma Alice corre e corre in un universo dove non certo solo i Cappellai sono matti, e Giannino denuncia, sul suo "giornalino", i tratti caratteristici degli adulti: tendenza alla menzogna, pratica dell'ipocrisia, volgarità, vigliaccheria. Nei grandi capolavori della letteratura per l'infanzia gli adulti e i bambini vivono in universi separati, parlano lingue diverse, anche quando stanno insieme è sempre come se fossero lì lì per separarsi, e questo spiega perché si cede alle lusinghe del Paese dei Balocchi, dove, soprattutto, non comandano i Grandi.
Così Chico Audace è un bambino che, prima di tutto, sa di essere un bambino e conosce bene tutti i limiti, tutte le sconfitte, tutte le ansie che si collegano con la Condizione Bambina. Chico Audace fa una constatazione che, prima di lui, hanno fatto tante generazioni di bambini: questo mondo l'hanno fatto loro, i Grandi, l'hanno organizzato a modo loro, hanno pensato a regole, a divieti, a sistemi. Noi bambini siamo solo ospiti, occasionali e mal visti. Una riflessione tanto dura non deve stupire: fra l'altro, come Giannino scopre via via, non solo i Grandi hanno fatto loro quel gran cumulo di regole a cui dovremmo tutti adattarci, ma dopo averle fatte le contraddicono, le sbugiardano, le maltrattano. Sono bugiardi, però conclamano tutto un insieme di regole a cui, a ben vedere, dovrebbero attenersi solo i bambini. Questo libro che racconta benissimo, con grande ritmo, con brio affascinante, è un diretto discendente delle Fiabe e della Fantascienza e sembra nato per riempire, oggi, con nuove idee, il loro spazio. Ai bambini che pativano le ingiustizie del mondo adulto e soffrivano soprattutto a causa della sua indecifrabilità, le fiabe sussurravano proposte incoraggianti: pazientate, miei piccoli amici, non si tratta di vecchie brontolone a cui non va mai bene niente, no, si tratta proprio di Streghe, vere, orribili Streghe, ma va bene così perché se sono Streghe le spingerete nei forni. Non si tratta di odiosi signori con il pancione, sono proprio Orchi, ma proprio per questo, prima o poi, li farete ruzzolare in un burrone. Per dirlo con parole difficili ma pertinenti: la fiaba assegnava un validissimo orizzonte metaforico ai turbamenti e alle ansie dei bambini. I saggi indiani Pueblos avevano addirittura organizzato una "teatralizzazione" delle loro fiabe, ad uso dei bambini. Ma oggi, si sa, pur resistendo benissimo, e anzi mostrando, per esempio attraverso il fulgore di nuovi apparati illustrativi, di potere accettare nuove sfide, le fiabe hanno anche bisogno di ricevere una nuova linfa vitale che, per tante e complesse ragioni che richiederebbero, per essere chiarite, non poche pagine ma almeno un libro, può venire solo dalla fantascienza.
E
pertanto, l'estroso e vivace e ingegnoso Chico Audace si dimostra proprio
audace mentre accosta i robot alle streghe e gli zombie di un folclore
intriso di fiabesco ai sistemi di controllo che sono propri di una società
altamente tecnologizzata. C'è un'eterna domanda, degna di essere sempre
riproposta: se un bambino, al posto di un commesso scorbutico colloca
con la fantasia un Robot telecomandato, perché migliora il suo rapporto
con la città ostile? Perché il commesso, reso odioso dalla stanchezza,
o da truci norme aziendali, è terribilmente vero, mentre il robot creato
da Chico Audace obbedisce alle regole del suo inventore e può essere
incerto, balordo, inutilmente eccessivo, un po' barocco, tentennante
così come lo ha voluto il suo trepido inventore. Una volta, Stephen King, il re dell'orrore, raccontò che al suo figlio più piccolo piacevano i mostri di ogni tipo, ma voleva però sempre sapere dove si trovava la "cerniera lampo". Era, naturalmente, un modo per capire, senza ombra di dubbio, che il mostro era poi sempre e solo un uomo, rivestito dalla calzamaglia chiusa dalla cerniera. La città ostile di Chico Audace è una cosa seria. La vita del ragazzino con molta miseria, la mancanza del padre, una madre depressa che non può lavorare, è seria e dolorosa. Tanto la città quanto l'esistenza di questo bambino dovrebbero ricevere adeguati mutamenti: la città per rendersi più adatta alla vita dei bambini, e le condizioni familiari essere fondate anche su aiuti, provvidenze, testimonianze concrete di un mondo non ostile ma, anzi, pronto a migliorare la vita dei meno fortunati. Però c'è subito, c'è un presente, c'è un qui: ci sono tutte le condizioni ironiche e insieme drammatiche di tante vere vite di bambini nel mondo, tanto spesso nemico, di oggi. Ma Hansel e Cretel non possono chiamare il Telefono Azzurro, però devono salvarsi lo stesso. E allora Chico Audace, che non ignora e non mistifica la paura, narra a se stesso una fiaba fantascientifica (quasi avesse letto il sommo Sergio Solmi...) in cui, tra spie potentissime e perfide zie e guidatori pazzi della metropolitana e cani mostruosi, proprio lui, Chico, consapevole della propria piccolezza, può vincere.
È un esito positivo che scaturisce dalla interna contraddizione di un mondo fatto così: in mezzo agli arabeschi della fiaba, in mezzo alle spirali della fantascienza, c'è un cattivo vero, un "villain" autentico. Ecco, appunto: non è Ming, il tiranno del pianeta Mongo, e non è un alieno dei manga, fatto di tecnica e di maglia. È un normale farabutto che cerca di frodare, di ingannare, di rubare. Qui il costrutto felicemente si incrina, Chico può trionfare: un furfante vero è come una crepa, una rottura: di lì passano anche le pacate tranquillità di un autentico lieto fine.
Questo bel libro ha tante cose da dire agli innumerevoli Chico Audace che vivono nel nostro mondo: qui la letteratura, che è sempre salvifica, lo è in modo più speciale, più trepido, più fervido, più vero. ANTONIO FAETI |
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L'INIZIO Sulla città è esplosa una Bomba Puzzosa. Ha trasformato gli abitanti in Mostri, ma io possiedo un Trasf mimetizzato da orologio. Me l'ha regalato mio padre. Il Trasf è un trasformatore di Mostri in per- sone: punto il braccio mostrando l'orologio e il Mostro ridiventa un individuo socialmente accettabile. Non vado in giro a trasformare tutti i Mostri in persone, il mondo ritornerebbe quello di sempre, nel quale ultimamente non mi trovo molto bene. Trasformo solo i Mostri che vogliono disintegrarmi o farmi a pezzi per mangiarmi. Ai Mostri non piacciono l'hamburger o il pet- to di pollo, loro vogliono solo carne cruda di bambino. Se sperano di farsi un bocconcino di Chico Audace, quelli sono proprio stupidi. |
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FABBRI
EDITORI illustrazioni di Francesca di Chiara
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L’equilibrio si è rotto. Nella famiglia di Chico è successo qualcosa che ha sconvolto la vita del bambino. Non si sa perché il padre sia assente: è morto? si è separato dalla moglie? è fuggito chissà dove? La mamma di Chico ha perso il marito, ha perso la serenità, rischia di perdere il lavoro: è depressa. Il mondo, di colpo, cambia faccia. Chico si trova catapultato in una situazione che non è in grado di capire e accettare. La realtà si toglie la maschera di quieta quotidianità e appare il mostro. Anzi, tanti mostri. Il paesaggio urbano diventa una giungla che presenta insidie e pericoli mortali. Bisogna stare sempre all’erta. Le persone che fino al giorno prima erano conoscenze rassicuranti ora sono esseri crudeli e infidi. Chico deve affrontare Zombi, Vampiri, Robocop, Druidi, Mutanti, Quelli Che Camminano Ondeggiando, Cani Carnivori, Ombre Fruscianti, Autisti Pazzi… Chi sono questi esseri? Sono gli abitanti della città: senzatetto, guardie giurate, commesse, disoccupati, impiegati… Chico ridisegna il paesaggio urbano, gli toglie luce e colore, lo fa diventare un incubo. Qualcuno gli ha rubato la sua vita, qualcuno che è cattivo, un mostro. Non uno solo. Tanti mostri potenti, che rapiscono i papà, fanno intristire le mamme, rendono infelici i bambini. È un processo psicologico abbastanza comune. È il bisogno di spiegare i mali del mondo cercando dei colpevoli, e facendo risaltare la propria innocenza. Chico è innocente, la mamma e il papà sono innocenti: i colpevoli sono i mostri. Se una crisi ha incrinato l’equilibrio, solo un’altra crisi potrà ristabilirlo. Chico si trova ad affrontare una situazione di emergenza. Potrebbe continuare a combattere contro i propri mostri/mulini a vento, oppure può adattarsi alla realtà guardandola in faccia, accettandola per come è, e combattere per avere il meglio possibile. È la strada che Chico sceglie, per fortuna. La strada della sfida, del coraggio, del ripudio della passività. Reagire ai colpi della vita costa fatica. È più facile e comodo accusare i mostri. Ma la realtà è qui, sempre qui accanto a noi. Chico non la scansa più e rifiuta di rifugiarsi ancora nelle fantasie paranoiche, che non danno vera consolazione e non risolvono l’angoscia. Il disegno della città riprende luce e colore. I veri mostri non sono gli sconosciuti che ci rifiutiamo di conoscere, ai quali addebitiamo tutte le colpe e tutti i crimini. I veri mostri portano con sé stupore e amarezza, perché erano insospettabili. I mostri dei pregiudizi e dei preconcetti, i mostri che la nostra immaginazione crea in sostituzione delle persone, i mostri delle leggende metropolitane e quelli dei mass media… potrebbero diventare nostri amici. Ve lo dice Chico Audace. |
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RECENSIONE DI FORKIDS.IT - www.forkids.it
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