Comincia a correre
o va a finire
che ti prendono.


 

Convincente davvero il libro di Aquilino...

I mostri all'angolo della strada

postfazione di Antonio Faeti

C'è un segreto, nascosto fra le righe di questo libro, che fa ridere e fa pensare: forse la letteratura per l'infanzia è nata proprio per rendere più chiara e visibile la grande differenza che separa gli adulti dai bambini.

Qualcuno può pensare che sia una cosa ovvia, perché gli occhi bastano a precisarla, questa differenza: si dice, appunto, i Grandi e i Piccoli. Però si dice anche: quel bravo ometto, quella brava donnina, e si incoraggiano le bambine a giocare alle signore e i maschietti a comportarsi “da uomini". Ma Alice corre e corre in un universo dove non certo solo i Cappellai sono matti, e Giannino denuncia, sul suo "giornalino", i tratti caratteristici degli adulti: tendenza alla menzogna, pratica dell'ipocrisia, volgarità, vigliaccheria. Nei grandi capolavori della letteratura per l'infanzia gli adulti e i bambini vivono in universi separati, parlano lingue diverse, anche quando stanno insieme è sempre come se fossero lì lì per separarsi, e questo spiega perché si cede alle lusinghe del Paese dei Balocchi, dove, soprattutto, non comandano i Grandi.

 

Così Chico Audace è un bambino che, prima di tutto, sa di essere un bambino e conosce bene tutti i limiti, tutte le sconfitte, tutte le ansie che si collegano con la Condizione Bambina. Chico Audace fa una constatazione che, prima di lui, hanno fatto tante generazioni di bambini: questo mondo l'hanno fatto loro, i Grandi, l'hanno organizzato a modo loro, hanno pensato a regole, a divieti, a sistemi.

Noi bambini siamo solo ospiti, occasionali e mal visti. Una riflessione tanto dura non deve stupire: fra l'altro, come Giannino scopre via via, non solo i Grandi hanno fatto loro quel gran cumulo di regole a cui dovremmo tutti adattarci, ma dopo averle fatte le contraddicono, le sbugiardano, le maltrattano. Sono bugiardi, però conclamano tutto un insieme di regole a cui, a ben vedere, dovrebbero attenersi solo i bambini. Questo libro che racconta benissimo, con grande ritmo, con brio affascinante, è un diretto discendente delle Fiabe e della Fantascienza e sembra nato per riempire, oggi, con nuove idee, il loro spazio. Ai bambini che pativano le ingiustizie del mondo adulto e soffrivano soprattutto a causa della sua indecifrabilità, le fiabe sussurravano proposte incoraggianti: pazientate, miei piccoli amici, non si tratta di vecchie brontolone a cui non va mai bene niente, no, si tratta proprio di Streghe, vere, orribili Streghe, ma va bene così perché se sono Streghe le spingerete nei forni. Non si tratta di odiosi signori con il pancione, sono proprio Orchi, ma proprio per questo, prima o poi, li farete ruzzolare in un burrone. Per dirlo con parole difficili ma pertinenti: la fiaba assegnava un validissimo orizzonte metaforico ai turbamenti e alle ansie dei bambini. I saggi indiani Pueblos avevano addirittura organizzato una "teatralizzazione" delle loro fiabe, ad uso dei bambini.

Ma oggi, si sa, pur resistendo benissimo, e anzi mostrando, per esempio attraverso il fulgore di nuovi apparati illustrativi, di potere accettare nuove sfide, le fiabe hanno anche bisogno di ricevere una nuova linfa vitale che, per tante e complesse ragioni che richiederebbero, per essere chiarite, non poche pagine ma almeno un libro, può venire solo dalla fantascienza.

E pertanto, l'estroso e vivace e ingegnoso Chico Audace si dimostra proprio audace mentre accosta i robot alle streghe e gli zombie di un folclore intriso di fiabesco ai sistemi di controllo che sono propri di una società altamente tecnologizzata. C'è un'eterna domanda, degna di essere sempre riproposta: se un bambino, al posto di un commesso scorbutico colloca con la fantasia un Robot telecomandato, perché migliora il suo rapporto con la città ostile? Perché il commesso, reso odioso dalla stanchezza, o da truci norme aziendali, è terribilmente vero, mentre il robot creato da Chico Audace obbedisce alle regole del suo inventore e può essere incerto, balordo, inutilmente eccessivo, un po' barocco, tentennante così come lo ha voluto il suo trepido inventore.

 

Una volta, Stephen King, il re dell'orrore, raccontò che al suo figlio più piccolo piacevano i mostri di ogni tipo, ma voleva però sempre sapere dove si trovava la "cerniera lampo". Era, naturalmente, un modo per capire, senza ombra di dubbio, che il mostro era poi sempre e solo un uomo, rivestito dalla calzamaglia chiusa dalla cerniera.

La città ostile di Chico Audace è una cosa seria. La vita del ragazzino con molta miseria, la mancanza del padre, una madre depressa che non può lavorare, è seria e dolorosa. Tanto la città quanto l'esistenza di questo bambino dovrebbero ricevere adeguati mutamenti: la città per rendersi più adatta alla vita dei bambini, e le condizioni familiari essere fondate anche su aiuti, provvidenze, testimonianze concrete di un mondo non ostile ma, anzi, pronto a migliorare la vita dei meno fortunati.

Però c'è subito, c'è un presente, c'è un qui: ci sono tutte le condizioni ironiche e insieme drammatiche di tante vere vite di bambini nel mondo, tanto spesso nemico, di oggi. Ma Hansel e Cretel non possono chiamare il Telefono Azzurro, però devono salvarsi lo stesso. E allora Chico Audace, che non ignora e non mistifica la paura, narra a se stesso una fiaba fantascientifica (quasi avesse letto il sommo Sergio Solmi...) in cui, tra spie potentissime e perfide zie e guidatori pazzi della metropolitana e cani mostruosi, proprio lui, Chico, consapevole della propria piccolezza, può vincere.

 

È un esito positivo che scaturisce dalla interna contraddizione di un mondo fatto così: in mezzo agli arabeschi della fiaba, in mezzo alle spirali della fantascienza, c'è un cattivo vero, un "villain" autentico. Ecco, appunto: non è Ming, il tiranno del pianeta Mongo, e non è un alieno dei manga, fatto di tecnica e di maglia.

È un normale farabutto che cerca di frodare, di ingannare, di rubare. Qui il costrutto felicemente si incrina, Chico può trionfare: un furfante vero è come una crepa, una rottura: di lì passano anche le pacate tranquillità di un autentico lieto fine.

 

Questo bel libro ha tante cose da dire agli innumerevoli Chico Audace che vivono nel nostro mondo: qui la letteratura, che è sempre salvifica, lo è in modo più speciale, più trepido, più fervido, più vero.

ANTONIO FAETI  

L'INIZIO


 

Sulla città è esplosa una Bomba Puzzosa. Ha trasformato gli abitanti in Mostri, ma io possiedo un Trasf mimetizzato da orologio.

Me l'ha regalato mio padre. Il Trasf è un trasformatore di Mostri in per- sone: punto il braccio mostrando l'orologio e il Mostro ridiventa un individuo socialmente accettabile.

Non vado in giro a trasformare tutti i Mostri in persone, il mondo ritornerebbe quello di sempre, nel quale ultimamente non mi trovo molto bene.

Trasformo solo i Mostri che vogliono disintegrarmi o farmi a pezzi per mangiarmi.

Ai Mostri non piacciono l'hamburger o il pet- to di pollo, loro vogliono solo carne cruda di bambino. Se sperano di farsi un bocconcino di Chico Audace, quelli sono proprio stupidi.

FABBRI EDITORI
I DELFINI

illustrazioni di Francesca di Chiara

L’equilibrio si è rotto.

Nella famiglia di Chico è successo qualcosa che ha sconvolto la vita del bambino. Non si sa perché il padre sia assente: è morto? si è separato dalla moglie? è fuggito chissà dove?

La mamma di Chico ha perso il marito, ha perso la serenità, rischia di perdere il lavoro: è depressa.

Il mondo, di colpo, cambia faccia.

Chico si trova catapultato in una situazione che non è in grado di capire e accettare.

La realtà si toglie la maschera di quieta quotidianità e appare il mostro. Anzi, tanti mostri.

Il paesaggio urbano diventa una giungla che presenta insidie e pericoli mortali. Bisogna stare sempre all’erta. Le persone che fino al giorno prima erano conoscenze rassicuranti ora sono esseri crudeli e infidi.

Chico deve affrontare Zombi, Vampiri, Robocop, Druidi, Mutanti, Quelli Che Camminano Ondeggiando, Cani Carnivori, Ombre Fruscianti, Autisti Pazzi…

Chi sono questi esseri?

Sono gli abitanti della città: senzatetto, guardie giurate, commesse, disoccupati, impiegati…

Chico ridisegna il paesaggio urbano, gli toglie luce e colore, lo fa diventare un incubo.

Qualcuno gli ha rubato la sua vita, qualcuno che è cattivo, un mostro. Non uno solo. Tanti mostri potenti, che rapiscono i papà, fanno intristire le mamme, rendono infelici i bambini.

È un processo psicologico abbastanza comune. È il bisogno di spiegare i mali del mondo cercando dei colpevoli, e facendo risaltare la propria innocenza. Chico è innocente, la mamma e il papà sono innocenti: i colpevoli sono i mostri.

Se una crisi ha incrinato l’equilibrio, solo un’altra crisi potrà ristabilirlo.

Chico si trova ad affrontare una situazione di emergenza. Potrebbe continuare a combattere contro i propri mostri/mulini a vento, oppure può adattarsi alla realtà guardandola in faccia, accettandola per come è, e combattere per avere il meglio possibile.

È la strada che Chico sceglie, per fortuna.

La strada della sfida, del coraggio, del ripudio della passività.

Reagire ai colpi della vita costa fatica. È più facile e comodo accusare i mostri. Ma la realtà è qui, sempre qui accanto a noi.

Chico non la scansa più e rifiuta di rifugiarsi ancora nelle fantasie paranoiche, che non danno vera consolazione e non risolvono l’angoscia.

Il disegno della città riprende luce e colore.

I veri mostri non sono gli sconosciuti che ci rifiutiamo di conoscere, ai quali addebitiamo tutte le colpe e tutti i crimini. I veri mostri portano con sé stupore e amarezza, perché erano insospettabili. 

I mostri dei pregiudizi e dei preconcetti, i mostri che la nostra immaginazione crea in sostituzione delle persone, i mostri delle leggende metropolitane e quelli dei mass media… potrebbero diventare nostri amici.

Ve lo dice Chico Audace.

RECENSIONE DI FORKIDS.IT - www.forkids.it

 

DA NON PERDERE  
Missioni Terrore, Sottopassaggio Zombie e Vampiri, Supermercato Robocop, Giardinetti Cani Carnivori, L’Autista Pazzo…, non bastasse il titolo del libro “Mondo di Mostri”, anche i nomi dei capitoli ci catapultano in un mondo fantastico uscito, apparentemente, da un set cinematografico a metà tra l’horror e la fantascienza. Ma se ci inoltriamo tra le pagine vere e proprie del libro scopriamo che Chico Audace (il cui nome è già tutto un programma…) è un normalissimo bambino di oggi che vive nel nostro mondo. L’unica differenza è che lui vede, sente, percepisce tutto ciò che gli sta intorno da bambino, con la fantasia e “il binocolo” delle sue sensazioni, in un linguaggio certamente incomprensibile agli adulti. Così Chico sa, lui lo sa (mentre gli adulti no) che è caduta una Bomba Puzzosa sulla sua città che ha trasformato i suoi abitanti in Mostri che si nutrono solo di carne cruda di bambino, una bomba che ha anche fatto ammalare la mamma di depressione. Quindi ora è lui che deve fare delle commissioni per lei, per la sua adorata mamma, e queste commissioni sono delle vere e proprie rischiosissime missioni, perché da quando il papà non c’è più, come dice Chico, “non è vero che io sono diventato più insicuro e pauroso, (…) ma è vero, invece, che là fuori sono aumentati i Mostri”.
Il nostro piccolo eroe non è senza paura, anzi ammette tranquillamente di avere paura, a volte puro terrore, ma è comunque un eroe perché passa la sua giornata ad affrontare coraggiosamente, a guardare in faccia le situazioni scatenanti questa emozione: così per andare al supermercato a fare la spesa, deve superare il sottopassaggio popolato di pipistrelli che di notte ti succhiano il sangue, di uomini Zombie dagli “occhi di cenere” e che puzzano di cimitero, ma anche di macchine e Tir che ti sbattono contro il muro sfracellandoti in tanti pezzettini, per poi affrontare i Robocop del supermarket, che ti fissano con lo sguardo “ di gelo, perché nella testa ci sono circuiti elettronici, non il cervello; e nel petto hanno meccanismi, non un cuore” e le Mutanti alle casse, “sempre pronte ad accusarti di aver mangiato cioccolato e patatine di nascosto”.
Tutti i personaggi con cui Chico viene in contatto o sono Mostri, il cui unico bersaglio sono appunto i bambini, o sono adulti buoni e normali, che però “non sanno”, o meglio che non parlano il suo stesso linguaggio, non capiscono, non vedono quello che lui vede; persino la sua mamma non sa; “scherza per convincermi che le mie paure sono solo fantasie, ma lei non sa”, afferma Chico, e vorrebbe essere un adulto, perché anche lei ha “parole che non dice” e “problemi che non si raccontano ai bambini”.
Passiamo quindi oltre i tre quarti del libro a seguire Chico Audace nelle sue eroiche e solitarie missioni in giro per la città, in un crescendo di tensione e un pizzico di angoscia (perché il piccolino è molto convincente e realistico nelle sue descrizioni), tra un Autista Pazzo della metropolitana, Rubabambini dai denti gialli e le unghie lunghe, il Vigile Alien e i Cani Carnivori, finchè Chico si trova ad affrontare la più dura e difficile di tutte le sue imprese: andare dalla zia Augustina, l’Orchessa, e lui lo sa, lei “esce di notte, si arrampica sui muri, entra nella cameretta di un bambino, lo rapisce…e lo mangia!”
Ma nel giro di poche pagine, quando tutto sembra precipitare perché l’ennesimo Mostro, il più astuto e terribile perchè sembra così umano e sincero, si rivela un vero farabutto, la situazione prende una piega diversa: Chico scopre che non tutti i mostri sono mostri, che la Zia Augustina non è poi così orchessa e che avere per amico uno Zombie è un vero spasso: “con un amico Zombie, si capisce che la paura è la pena che abbiamo dentro perché abbiamo perso qualcuno, e potremmo perdere anche gli altri, anche noi stessi”.

Illuminante infine, come sempre, la postfazione di Faeti, di cui riportiamo solo poche righe conclusive: “Questo bel libro ha tante cose da dire agli innumerevoli Chico Audace che vivono nel nostro mondo; qui la letteratura, che è sempre salvifica, lo è in modo più speciale, più trepido, più fervido, più vero”.

Al giovane lettore il piacere di leggere questa moderna fiaba, arricchita di vitale linfa fantascientifica, al lettore adulto il piacere di riflettere sulla sua funzione e sulle sue caratteristiche grazie al contributo di Faeti.
 
Il nostro mondo non è un mondo dove i bambini possano vivere felici. Aquilino, attraverso gli occhi del protagonista, ci porta in un mondo popolato di mostri che i piccoli affrontano con le ansie e le paure che noi, adulti, non vogliamo cacciare. La città diventa così il luogo che meglio rappresenta questo nostro rifiuto di ospitalità e al protagonista non resta che affrontare i mostri, gli orchi, gli zombi, i robocop e tutti gli altri con la sua fantasia.
Quella di Aquilino è una fiaba inquietante e divertente, una storia che ci porta a riflettere su un mondo che è sempre più nemico dei bambini.

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